“Dobbiamo nascere due volte per vivere un po’.
Le due nascite sono come uno strappo.
La prima proietta il corpo nel mondo,
la seconda lancia l’anima al cielo.”
Christian Bobin
Quando sono particolarmente stanca e in affanno, mi capita spesso di perdermi in uno dei miei mondi paralleli e di oscillare tra immaginazione, presente e ricordi d’infanzia che certe volte affiorano prepotenti, con tutto quel groviglio di emozioni che li avvolgono e li proteggono, quasi come fossero dei custodi.
Ricordi che, seppur offuscati a causa del tempo che passa, resistono dentro di me, come la brace calda. Sono il mio bagaglio, certe volte leggero, altre volte più pesante, e so che me li porterò dietro per sempre, fino alla fine dei miei giorni, perché fanno parte di me e di ciò che sono.
Basta davvero poco per farli affiorare, così come mi accade con il pane e pomodoro, che ha accompagnato tantissimi momenti felici e spensierati della mia vita.
Quei momenti belli, vissuti senza accorgermene, senza una consapevolezza vera, perché ci ero dentro e sembravano quasi banali e scontati. Insignificanti. Ma quando mi volto indietro e cerco di richiamarli alla mente, ne rimango folgorata, perché riesco a coglierne la vera essenza. Il valore. Il senso.
E provo sempre un po’ di rammarico perché “magari avessi avuto allora le stesse consapevolezze di oggi“. Mi capita di pensarlo spesso e so con assoluta certezza che avrei preso di più. Che mi sarei goduta di più i momenti, le persone, i luoghi. Tutto.
Tutto, come faccio ora. Come mi sforzo di fare ora, anche quando sono stanca, anche quando mi capitano le giornate storte o quando mi ritrovo a pensare che la vita, quella che vivo, non è proprio come me l’ero immaginata.
Anche se poi, in effetti, non so bene come me l’ero immaginata. E su questo punto, bisognerebbe aprire una parentesi per scriverci dentro che secondo me, la vita, dovrebbe girare al contrario.
Che bisognerebbe nascere vecchi e consapevoli, per poi diventare giovani, e vivere gli anni migliori, quelli in cui si lavora per costruire il proprio futuro, già sapendo ciò che si è e ciò che si vuole, per evitare inutili perdite di tempo che ti portano a scoprirlo, magari, quando i giochi sono ormai fatti e non si ha più il coraggio e la giusta dose di “follia” per rovesciare il tavolo da gioco, lanciare le carte per aria e ricominciare tutto da capo.
Perché crescendo, forse, un po’ di “cattiveria” la si perde e forse si perde anche un po’ di egoismo, quello sano, quello che ci dà la forza di metterci al centro, perlomeno nelle scelte che ci riguardano e lasciamo che il lato pratico della vita prenda il sopravvento su tutto, o quasi.
La diamo vinta alla ragione e magari, chiudiamo il cuore in uno sgabuzzino.
Troppo pigri e troppo spaventati per osare, per cambiare e per “sfasciare”, perché crescere, significa anche diventare “responsabili”, e “sacrificare” – in nome di non si sa bene cosa – parte della nostra natura, di ciò che siamo e desideriamo per accontentarci di guardare le cose rimanendo sempre un po’ svegli, con i piedi ben piantati per terra e i sogni di lato – seppur in vista – perché con quelli, purtroppo, non ci paghi le bollette.
E allora, chiudendo parentesi, quando i pensieri si fanno pesanti, gioco di strategia e mi rifugio nelle cose che amo fare, che so fare e mi coccolo preparando qualcosa di buono ed evocativo, come il pane e pomodoro, che per me, ha un valore affettivo immenso.
È il sapore genuino della mia infanzia, dei risvegli pomeridiani, dopo quei sonnellini che vivevo sempre come una costrizione; delle estati che profumavano d’origano e di olio buono, quello che la nonna versava generosamente su ogni fetta di pane, dopo averla bagnata sotto l’acqua corrente. Nè poco, ma nemmeno troppo.
È il sapore dei granelli di sale che al primo morso sentivo sciogliersi piano tra la lingua e il palato e mescolarsi a quello dolciastro e acidulo del pomodoro.
È il sapore del pane, che non era mai un pane qualunque, ma era quello di grano duro, che il nonno andava a comprare in piazza. Magari, era quello del giorno prima, leggermente raffermo, con la mollica dorata e compatta e la crosta scura e spessa.
Il profumo del pane di grano duro è inconfondibile, intenso, come anche il suo sapore.
Profumi e sapori che non avevano bisogno di parole, perché erano essi stessi parole cariche di amore, cura e attenzione.
I gesti della nonna, sono diventati i miei e ancora oggi, mi sorprendo sempre al primo morso, perché se chiudo gli occhi, mi perdo nella meraviglia e nella suggestione di tanta semplicità.
Così, quasi spinta da una forza misteriosa, mi ritrovo ad affettare il pane e a bagnarlo sotto l’acqua corrente. Lascio che quella in eccesso cada e poggio le fette sul piatto. Ci strofino sopra il pomodoro, con delicatezza, facendo in modo che la sua polpa succosa ne colori la superficie, come se fosse un quadro. Ci aggiungo il sale, l’origano e per ultimo l’olio, senza lesinare.
Ed ecco che la magia si è compiuta…
p.s. Ci rivediamo presto, perché ho preparato un paio di ricette intriganti che vorrei condividere con voi.
M.
4 Comments
Sarebbe bello si, vivere al contrario … piacerebbe anche a me. Anche per me il pane., quello buono di semola di grano duro, ricorda la nonna Teresina. Lei impastava a mano chili di pane e lo portava a cuocere, al forno del paese, una volta a settimana. Ricordi perfettamente i suoi gesti e i profumi intensi. E quel pomodori che strofinava sopra e l’origano e poi un giro generoso di olio … quello buono, quasi verde. I tuoi ricordi sono anche i miei, cara Mary. Sul resto avrei da dire tante cose ma mi fermo qui, altrimenti faccio uno dei miei soliti romanzi. Buon fine settimana tesoro e aspetto le altre ricettine.
❤️ buona domenica ❤️
Oh Mary, quanto “sento” questo post! Pane e pomodoro… cibo semplice che nutre l’anima prima ancora del corpo. Mio figlio è diventato grande con questa merenda. È sempre stato uno che ama la semplicità, i cibi rustici e genuini che però hanno un’essenza che va oltre le apparenze. Ancora mangiamo pane e olio, con l’aggiunta del pomodoro in estate, quelli del mio papà. Grazie tesoro.
Ti abbraccio forte,
Mary❤️
Ho fatto anche io quel pensiero sulla consapevolezza, che ho praticamente scoperto nel 2018, folgorandomi al punto di averla scelta come mia parola dell’anno per il 2019. E funziona, scegliere una parola dell’anno!
Ma mi sono resa conto che se fossi stata consapevole avrei vissuto un’altra vita, non necessariamente migliore di quella che ho vissuto, forse solo più leggera, più facile. Ma se sono diventata questa persona consapevole di oggi, è proprio grazie alla necessità urgente che ho avuto in questi ultimi anni di mettere una fine ai miei “pensieri incontinenti”, di rilassarmi una buona volta, dopo anni di onorata carriera all’inseguimento di qualcosa (o in fuga dai miei pensieri, dalle miei insoddisfazioni).
Insomma, per festeggiare il pane e pomodoro ci sta tutto: a me piace col pomodoro diviso a metà e spappolato sul pane :D
Aspetto le nuove ricettine, intanto buon fine settimana, un abbraccio forte.